Tempio Sikh (orari di apertura: Domenica 15.00- 18.30)

Botanica orizzontale: le “aiuole”

31 ottobre 2020
Degne di particolare nota sono le vecchie “aiuole” dei condomini in centro; la terra che vi emerge è ancora quella di campagna dato che, all’atto di costruzione dei cosiddetti “palazzoni” da boom economico e “formato alveare”, il perimetro della piazza era anticamente contado.
Queste brutte aiuole sono riquadri regolari, con muretti a secco ma che, al posto della rustica quanto elegante pietra, hanno adottato piastrelle da cantiere edile senza armonia; a questa specifica situazione, gli ultimi proprietari italiani, ormai anziani e soli, non attribuivano più alcuna rilevanza formale poi l’acquisto degli appartamenti da parte dei cittadini e ospiti stranieri ha permesso una riqualificazione “botanica” di questi “ritagli all’aria aperta” con un sostanziale cambio d’uso.
Ora, tra i relitti degli arrugginiti stenditoi in ferro battuto, s’arrampicano le rose coltivate, chissà quanti anni fa, dai colori ormai perduti ma tenaci per spirito di sopravvivenza.
Anche le rose, simbolo di circolarità, hanno preso la ruggine degli stenditoi ma sono belle in quella trascuratezza piranesiana, da reperto archeologico e intorno, in quella terra mai rinnovata, mai fertilizzata, puoi riconoscere i ciuffi disordinati della menta selvatica e della Calendula officinalis che, invita a non sottovalutare l’apparente semplicità, che racchiude in sé moltissime proprietà medicinali come già raccontava Ildegarda di Bingen.
La calendula fiorisce ogni mese, si gira al girar del sole di cui è detta sposa, è orologio dei contadini; il suo seme assomiglia alla prima falce di luna.
Nella mitologia classica, è un fiore della Grande Madre e nasce dalle lacrime di Afrodite per la morte di Adone. Evoca la serenità perché le tinture ricavate da fiori e foglie rimarginano piaghe, curano malattie della pelle con la loro azione depurativa, lenitiva e antibatterica, neutralizzando le sostanze tossiche inoculate dalle punture di insetti.
Non mancano le zinnie (Zinnia elegans), fiori ornamentali da orto che piacciono alle farfalle, perché coloratissime e simbolo di semplicità al pari della calendula; escluse dai giardini pseudo-chic dalle linee minimaliste con grandi vasche piene di grossi sassi bianchi, i cespuglietti rotondi in arte topiaria e abat jour, nel nuovo classicissimo trendy dopo la retorica dei “non meno classici” sette nani, la zinnia appartiene alla famiglia delle composite e necessita di poche cure ma regala fuochi d’artificio, caramelle in scatola, nei loro petali di carta marezzata.
Mentre ammiriamo i diversi “assortimenti” di yucca (Yucca filamentosa) tra carote, rape, cavoli, peperoncini, salvia, coriandolo e ibisco di questi piccoli orti-giardino, appare il signor Gurjit Singh che ci dice di abitare lì, all’interno 5 poi racconta la sua “storia”.
Gurjit ha lavorato per India Doordrshan TV; vi è fuggito diciassette anni fa per questioni di terrorismo e collabora, in Italia, con il consolato; ora si occupa di chi, in vita, ha espresso il desiderio di tornare in Punjab, a morte avvenuta.
Dopo averci abilmente “raggirato” su alcuni acrostici ed enigmi letterari in lingua inglese, si mette a raccontare di cucina e dell’utilità dell’alloro (Laurus nobilis) nella preparazione del karhipa póha, piatto tradizionale a base di riso. Presso gli indigeni d’America, l’alloro era considerato Albero cosmico e Asse del mondo, le cui ceneri mescolate al miele avevano una funzione purificante. E’ albero del protosciamano, dell’eroe solare, tramite dell’acqua di vita, ha proprietà energetiche. In Cina, si dice, che la luna contenga un lauro e un Immortale.
Alla nostra domanda sull’opportunità di mangiare carne per un sikh, Gurjit risponde con un “sì” deciso per pollo e agnello e un altrettanto deciso “no”, per la mucca che ci dice essere come “oxygen”; a quel punto per essere meglio capito nel concetto, afferra con un pugno, una manciata d’aria e vi soffia sopra, a lungo; ecco cos’è la mucca.
Non chiediamo oltre.
E gli snelli arbusti di alloro svettano coi loro tendini nervosi in quei giardini di condominio, aspettando di rendersi utili.

Botanica verticale: i balconi

21 agosto 2021
In Piazza della Resistenza, davanti alle Scuole Elementari, l’ “agglomerato” di vecchi condomini offre davvero uno spaccato interessante sulla vita delle comunità novellaresi e sull’opportunità di integrazione reale tra esse.
Quasi nessuno manca all’appello ma ritroviamo qui molti sikh, italiani e pakistani soprattutto bambini che giocano con il volano e fanno sport.

I balconi e i davanzali sono ricolmi di aromi, piccole piante grasse distese in fila ordinata per non cadere, di zinnie lussureggianti, rosso porpora e “rosa antico” dove con “rosa antico” intendiamo adeguarci ad un’espressione comune, d’immediata ricezione ma che, nel nostro immaginario, riconduce allo stile Luigi XV, al rocaille francese, ai nastri di velluto, alle sopravvesti di seta, alle parrucche, ai tulipani ma soprattutto alla cipria.
Una vecchia signora indiana dai capelli d’argento e anch’essa, come le zinnie, vestita di rosa, ci guarda dall’alto del suo balcone, seduta, mentre conversiamo con alcune bambine che ci raccontano la fatica di conservare anche un solo fiore in quel piccolo “fazzoletto” verde dove “i maschi” fanno i prepotenti, distruggendo le aiuole con le biciclette.
Le “ragazze” invece vorrebbero un tesoro, il loro angolo segreto dove fare cosmesi con i petali di rosa, di calendula, di margherita; cucinare o creare piccoli altari decorativi con le foglie che in autunno cadono e con i sassi. Loro amerebbero i fiori perché il fiore è donna ma dichiarano di “essere pigre”; non avrebbero la pazienza di innaffiare. Siamo insistenti a questo proposito e suggeriamo loro di trovare e creare, a qualsiasi costo, il loro “secret garden”, l’angolo di vita in cui la liquidità coagula e il tempo si condensa. Ci ascoltano, non sono distratte poi ci guardano con riconoscenza.
Se i fiori nascondono un segreto perché i segreti non dovrebbero nascondere un fiore?
Queste giovani donne e bambine sono amiche, cugine, sorelle; si chiamano Kaur e quindi sono principesse della loro genealogia.
La più grande ci racconta ciò che terrà nel cuore, per sempre: il fratello maggiore, Singh, afferma di non amare i fiori ma lei lo ha sorpreso mentre ne odorava uno. “Sì, ok. I fiori mi piacciono ma non dirlo a nessuno.”
“Il nome suo nessun saprà”. Per sempre. 

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