Dentro e fuori i negozi
Tempio Hindu (orari di apertura: Domenica 15.00- 18.30)

Il mercato del giovedì
Sezione necessaria del nostro reportage sul paesaggio multietnico novellarese riguarda proprio i negozi.
I vecchi locali di attività commerciali o artigianali abbandonate sono stati infatti recuperati dall’intraprendenza dei cittadini stranieri per la creazione di realtà dal nuovo profilo.
All’interno dell’emporio Maghella di Di Zhang Jie sulla Strada Provinciale Nord, c’è veramente tutto e a noi che cerchiamo poetiche tracce di natura vera, si presenta il racconto kitsch, sempre “poetico” e di una sua particolare “poesia”se ti ostini a volere poesia davvero in tutto quello che ti circonda.
La plastica, elevata a rango principesco negli anni Sessanta, viene ora criminalizzata, a volte in maniera eccessiva, esposta al rogo di incerte proto-coscienze ecologiche.
Noi non siamo tifose della plastica ma da Maghella trovi una qualità sfarzosa e coloratissima di piante, fiori e frutta finti e non si creda che sia tutto a tinta piatta.
Ogni oggetto ha l’apparenza di un gigantesco e soffice marshmallow, dalla ciabattina alla calamita, dal ventaglio all’accappatoio, dagli accessori per la casa alle trombette, agli addobbi per festeggiare i compleanni o l’addio al celibato.
La plastica profuma di plastica; è stata inganno dei sensi, “oppio dei popoli”, ora provocazione anti-borghese; per cui vale la pena di ricordare il celebre aforisma di Oscar Wilde secondo cui di tutto si fa a meno tranne che del superfluo.
In via Mazzerini, invece, incontriamo Jaswinder e Davinder Singh, i proprietari di Punjubi Market, strapieno di persone.
Entrando non puoi non notare la vetrina con la grande scritta PUNJABI MARKET in carattere “orrido” e con una sorta di pittoresca “colatura” che fa sorridere mentre i bellissimi oggetti simbolici dell’identità punjabi fanno mostra sulle mensole in evidenza e sugli scaffali del bancone come ancora se ne trovavano nelle nostre antiche ferramenta, sartorie e drogherie.
Non c’è molto spazio ma siamo entusiaste perché, come al solito, siamo accolte con grande riguardo e omaggi offerti con quella spontaneità che, a volte, noi stesse dimentichiamo.
Tra i barattoli e pacchetti di spezie (curry, cumino, coriandolo ma non solo), bottiglie di oli vegetali e condimenti di ogni genere, ci sono reparti completamente dedicati all’abbigliamento come gli armadi di stupenda passamaneria indiana a decorare gli abiti femminili, le calzature e gli accessori.
Dopo aver attraversato il negozio e tornando al punto di partenza, troviamo le cassette di frutta, radici e verdura: patate, cipolle, peperoncini, grossi mango dalla spessa scorza gialla, zenzero, okra e l’incredibile karela (Momordica charantia), frutto di una pianta rampicante delle cucurbitaceae, nota come zucca amara o melone amaro, consumato cotto per trasferire nell’acqua di cottura il cattivo sapore ma ricchissimo di fosforo, ferro, calcio, vitamine A,B,C, beta-carotene e potassio.
Tale frutto viene utilizzato nella medicina ayurvedica secondo la quale, la presenza di polipeptide-P, sembra avere effetti simili a quelli dell’insulina, regolando i livelli di zucchero nel sangue.
Nella cucina asiatica, la karela viene stufata o fritta, cucinata ripiena, saltata in padella ed è ingrediente principale delle zuppe tradizionali; è spesso cotta con spezie, cipolla, peperoncino e cocco grattugiato.
L’okra (Abelmoschus esculentus) o “gombo”, invece, è una specie che appartiene alla famiglia delle Malvaceae, molto affine agli ibischi; la sua radice, ricca di mucillagini, è usata come emolliente in sostituzione dell’altea e se ne ricava una fibra tessile; nella cucina indiana e in quella cajun,diffusa in tutto l’Oriente, in Africa e ai Caraibi, si fa tesoro delle sue proprietà rinfrescanti e antinfiammatorie mentre con i semi essiccati e macinati, è possibile preparare una bevanda simile al caffè oltre che acquavite e altri liquori.
In generale, la cucina indiana è ricca di cereali, legumi, verdura, frutta, spezie ed erbe aromatiche; più specificatamente, la cucina punjabi è nota per i suoi sapori ricchi e burrosi dove gli ingredienti principali sono la varietà autoctona di riso basmati, senape, curcuma, farina di mais e farina di ceci.
Vengono utilizzati il latte di mucca o di bufalo d’acqua da aggiungere a tè, a caffè o per lo yogurt, burro e burro chiarificato (Ghee), oltre che l’amido come agente di carica; non avendo sbocco sul mare, in Punjab, si consumano pesci d’acqua dolce: carpa, rohu (Labeo rohita Hamilton, 1822), pesce gatto, tilapia mentre nella preparazione di dolci e dessert viene fatto abbondante uso di frutta ed in particolare ma non solo di mango e anguria, succo di carota e di tamarindo in quanto rinfrescanti.

2 settembre 2021
Ci alziamo prestissimo per andare a visitare il mercato del giovedì, sperando di catturare foto significative.
La piazza è semi-vuota e già il profumo di arrosto e pesce fritto si espande nell’aria fresca di un primo mattino di fine estate.
Da est, la luce del sole illumina con delicatezza il fronte della Collegiata di Santo Stefano, definendone punti di fuga e contrasti; la principale chiesa del paese è lì, da secoli, per ascoltare silenziosa i segreti che, solo ad essa, la sua comunità ha voluto raccontare.
Poco lontano, sono dislocate sui quattro punti cardinali la Chiesa dei Servi, il Collegio dei Gesuiti, la Chiesa della Beata Vergine del Popolo e la Fossetta, anch’essa dedicata a Maria, scatola magica di devozione, meta di pellegrinaggio, culla di luci rarefatte, di antichi ex-voto in legno, di fiori freschi e rose appassite, lacrimatoio interiore di peccatori e disperati.
Non vi è luogo di più intenso raccoglimento e il contatto con il Mistero, quello più semplice, diventa cosmico ed immediato.
Ci colpisce l’anta di un cancello d’altare ricamato di luce vespertina, intrecciato di boccioli, nastri e rosari; potrebbe essere la grata che divide chi sta dentro e chi sta fuori oppure il nitido confine tra Bene e Male, prima luce dell’anima sola, chiave al rifugio monacale, al suo orto di pace interiore.
Ma fuori, in piazza, ci aspetta il mercato del giovedì con le sue bancarelle, i venditori ambulanti venuti dal mondo con le loro semenze, i fiori e gli erbaggi, dolciumi, tappeti e piumoni, giochi per bambini e oggettistica per la casa.
Non lo avremmo mai detto ma al mercato, più che in ogni altro luogo, le persone si mostrano subito diffidenti. Non tutti accettano di farsi fotografare, di scambiare due parole ma noi li comprendiamo pienamente.
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Ci è sempre stato insegnato di stare attenti al cane; figuriamoci all’uomo.

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